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Storie di Primavera

Marco Donadel, ex calciatore e oggi allenatore, ha rilasciato un'intervista a Cronache di Spogliatoio, trattando il delicato tema dei settori giovanili. L'ex centrocampista non si è risparmiato, criticando l'immobilità e l'arretratezza, secondo il suo parere, del calcio giovanile italiano. Ecco le parti salienti delle dichiarazioni. 

La salute calcistica di un paese parte dai settori giovanili. In Italia siamo fermi, indietro di vent’anni e restii al cambiamento. Spieghiamo tanto e facciamo poco. Nel resto d’Europa vanno a mille all’ora, sbagliano, sperimentano e alla fine ottengono risultati. Nella stanza dei trofei dell'Ajax - ha proseguito Donadel - non ci sono tanti trofei vinti a livello giovanile, ma ci sono le foto di tutti i giocatori che sono arrivati in prima squadra. E la parete è piena. Perché lì, se hai 15 anni e sei forte, giochi con quelli di 18 non con i tuoi coetanei. Vedi poi come si capisce quanto vale il ragazzo. Da noi invece i ragazzi più bravi vengono coccolati, si punta a vincere il campionato di categoria. Poi novanta volte su cento alla prima esperienza fuori si fallisce, perché non si è abituati. Non voglio generalizzare, ma quando vai fuori te ne rendi conto. Il calcio va al doppio della velocità, ma soprattutto ci si allena almeno dieci ore in più a settimana. È questo che fa la differenza”.

Un'altra chiave di lettura sulla quale si è soffermato Donadel è la diversa “fame” dei giovani che provengono dall'estero, un dato toccato con mano dal tecnico nelle sue esperienze in Canada e in Russia. Ecco le sue parole. “All’estero i ragazzi hanno voglia, lottano su ogni pallone ma soprattutto hanno fame di arrivare. A quattordici anni prendono e partono. Guarda i croati, gli argentini o i brasiliani, dovunque li metti stanno. Si buttano, giocano a tutto campo, gli allenatori gli insegnano a fare tutto, non solo un tipo di calcio. Imparano a dribblare, senza limiti, a rischiare la giocata. Da noi si punta al risultato, a vincere il campionato, non a migliorare. Capisci che intendo quando dico che non vogliamo crescere?”.

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