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Storie di Primavera

Orlandini

Sono giorni, settimane e mesi infiniti quelli che tutta l'Italia, e non solo, sta vivendo per via di questa pandemia che ormai da fine febbraio ci tiene bloccati, senza saper quale possa essere il futuro della Nazione. In modo graduale si sta riprendendo a riattivare il paese, non mancano però le polemiche soprattutto nel mondo del calcio dove la ripresa non è scontata. Se la Serie A vive un momento di incertezza, appare più chiaro il discorso del settore giovanile dove con ogni probabilità si deciderà di fermare tutto. A tal proposito abbiamo voluto parlare di questa situazione con l'ex calciatore Pierluigi Orlandini, cresciuto nel settore giovanile dell'Atalanta e arrivato fino alla Serie A vestendo diverse maglie. Attualmente gestisce una propria scuola calcio, l'A.S.D. Gigi Orlandini e per questo abbiamo deciso di chiedere come riprenderà il sistema calcio soprattutto a livello giovanile: 

Il momento che stiamo vivendo non è dei più positivi in generale, nello specifico parliamo di calcio. Quali saranno le ripercussioni e cosa cambierà, se cambierà, il calcio giovanile italiano? Ci saranno valutazioni diverse anche in ambito del mercato?

"E' un periodo particolare dove tutti abbiamo avuto delle ripercussioni sicuramente. A livello calcistico non credo che la Primavera tornerà in campo, visto che è già difficile la ripresa per la Serie A. Premetto che non ho mai fatto mercato quindi alcune dinamiche non le so, ma sicuramente sarà diverso rispetto agli altri anni. Ci sarà da adeguarsi a quelli che sono i tempi, si è giocata quasi tutta la stagione a parte questi ultimi mesi, certo importanti perchè spesso ci si ricorda quello che si è fatto verso la fine, ma comunque il valore dei ragazzi non è cambiato e non cambierà la valutazione".

Potrebbe essere un buon momento per cercare di capire come poter migliorare la situazione del calcio giovanile? 

"Le riforme dei campionati giovanili andrebbero fatte a prescindere dai momenti negativi, questo lo dico a livello generale come è successo anche dopo Calciopoli. Non dobbiamo aspettare che succeda qualcosa di ecclatante per riformare o rivedere, io credo che in questi anni si sia visto quali siano stati gli aspetti negativi e positivi da cui prendere spunto e cercare di migliorare la situazione con idee e innovazioni senza cancellare quanto di buono fatto. Se dovessimo aspettare sempre qualcosa per ripartire non ne verremmo mai fuori, poi finchè prevarrà il risultato alla crescita del ragazzo sarà dura".

Lei ha parlato dei risultati e di crescita dei ragazzi, due aspetti che ruotano su due lunghezze differenti e quasi parallele. Cosa pensa lei a riguardo? 

"Bisogna partire dalle basi, che devono essere solide. Si deve fare attenzione alla cura dei particolari, prendiamo ad esempio i bambini, ci sono tante scuole calcio in Italia, il divertimento va bene, ma poi ci deve essere l'insegnamento che deve essere alla base della crescita. Il gesto tecnico è una parte fondamentale che il bambino deve imparare e poi inserire in un contesto di gioco, e a mio avviso è importante che ci sia qualcuno che insegni tutto ciò. Questo l'ho imparato soprattutto a livello personale, però in Italia in molti casi succede il contrario, il bambino lo facciamo giocare sperando che poi impari la tecnica. Molte società lavorano bene perchè hanno capito che il settore giovanile può essere un serbatoio e un investimento importante, altre società invece prediligono l'aspetto del risultato".

Quali sono le differenze tra un settore giovanile di ieri e di oggi?

"Le differenze tra il settore giovanile di ieri e di oggi stanno soprattutto nella ricerca dell'aspetto fisico, aspetto di cui si cura più interesse oggi piuttosto che nei tempi in cui giocavo io. Prima ti sceglievano se sapevi giocare, si guardava più alla tecnica. Si è un pò invertita la situazione, personalmente se dovessi scegliere prendo quello che sa giocare a calcio, poi chiaramente se si abbinano fisicità e tecnica tanto meglio. L'aspetto fisico, in ogni caso, lo puoi sempre andare a costruire in un secondo momento attraverso gli allenamenti".

Nello specifico lei è cresciuto calcisticamente nell'Atalanta, quale è il segreto della Dea nel creare e sfornare tanti giovani talenti per i professionisti?

"L'Atalanta ha basi solide e le ha sempre avute, lavorano sulla crescita del ragazzo ed hanno concetti chiari e precisi, tutto questo li porta poi anche a primeggiare come successo in questi ultimi anni, però al di là dei risultati i valori della squadra e dei singoli non cambiano se si vince il campionato o si arriva a metà classifica. Ogni anno le dinamiche dei ragazzi cambiano, perchè non tutte le annate sono uguali, però loro riescono quasi sempre a tenerle equilibrate. L'Atalanta riesce ad abbinare tutti gli aspetti che ci devono essere per far funzionare al meglio il contesto del calcio giovanile".

Per chiudere, le chiedo cosa pensa del discorso dell'Under 23: in Italia solo la Juventus ha portato avanti questa idea, potrebbe essere percorribile da altre squadre?

"Io sono dell'idea che non bisogna mai forzare le situazioni per i ragazzi, ciò significherebbe non completare un percorso formativo. Tanti ragazzi possono essere pronti a 19 anni, mentre tanti altri no ed entrano in contesti dove faranno poi fatica ad esprimersi. Non bisogna forzare queste situazioni, parliamo del discorso degli Under: questa regola degli Under negli anni ha dato benefici oppure ha fatto danni? Perchè se continuiamo a vedere che sono più i ragazzi che smettono di quelli che vanno avanti, penso ci sia da rivedere un po' la regola. Chi decide dovrebbe ragionare in questi termini, se poi la moda è quella di far giocare i giovani perchè c'è la regola per me è sbagliato il discorso. Negli ultimi anni si è abbassato di tanto il livello e l'altro aspetto importante è che in molti casi non c'è più chi insegna ai bambini o lo si fa perchè si è amico di qualcuno, ma questo è già stato evidenziato tante altre volte e comunque non cambia. A questo aggiungo però che non dobbiamo poi lamentarci se non arrivano riusltati positivi o non ci sarà un miglioramento se non cambia il modo di ragionare".

 

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